giovedì 3 maggio 2007

PRESENTAZIONE


Pubblicato da Sandro Saffayè
Ciao a tutti!
Questo blog è dedicato a tutti coloro che pensano la politica in una dimensione europea.
Europa è sinonimo di libertà, di antiprotezionismo, di abbattimento delle barriere nazionali, di mercato comune.
Un mercato di beni,servizi ma non solo...un mercato di idee e di confronto di opinioni.
Perchè lo sviluppo dell'impresa,la tutela del lavoratore,le fonti di energia alternative,il dialogo interculturale sono punti di discussione che non si possono comprimere in un ambito nazionale ma necessitano di un respiro più ampio,europeo appunto.
Europa che non può non essere liberale, perchè?Direi per sua vocazione naturale, in quanto nasce e cresce per rimuovere le barriere alla libera circolazione di persone, merci e servizi.
Europa è concorrenza, anche tra ordinamenti giuridici, in modo che la Politica non possa più frenare l'Economia.
Se produzione e lavoro sono troppo tassati in Italia, se ne andranno con facilità altrove.
Tu, cittadino europeo, sei invitato a seguire le tue ambizioni e a realizzarti, e sei libero di farlo dovunque in Europa ma, soprattutto, i singoli stati non possono impedirtelo: Cosa c'è di piu liberale?
Ecco l' EUROPEO LIBERALE, una concezione del cittadino, della società e quindi della politica.
at giovedì, maggio 03, 2007 0 commenti
Ecco a voi un'intervista a Fini sulla vittoria di Sarkozy al primo turno delle elezioni francesi tratta dal Corriere della sera.

Fini: «Ha vinto la destra che parla a tutti»
Il leader di An dopo la vittoria dei gollisti nel primo turno delle presidenziali francesi: «Io come Sarkozy? No, sono originale»

ROMA — Se si prova a domandare a Gianfranco Fini se si sente davvero, come spesso lo si definisce, il Sarkozy italiano, o cosa gli manchi ancora per rappresentare il centrodestra da leader, la risposta è tranchant: «Grazie, ma l'intervista finisce qui». Perché, nonostante del candidato numero uno per l'Eliseo sia amico da tempo e affine politicamente per molti aspetti, il leader di An ti spiega subito che «uno che come me conosce bene la Francia, non fa l'errore di paragonarla all'Italia: sono due Paesi diversi, con problematiche diverse, sistemi politici diversi e tradizioni diverse». E poi, senza falsa modestia, aggiunge: «E comunque, noi non andiamo dietro a nessuno: semmai sulle tematiche che hanno reso forte e per ora vincente Sarkozy rivendichiamo il pregio dell'originalità...». E però, Fini sa bene che l'eventuale vittoria di Sarkozy in Francia avrebbe effetti importanti anche nel nostro Paese, sarebbe un'iniezione di fiducia per un centrodestra forte nei sondaggi ma ancora all'opposizione e alle prese con un difficile cammino verso il rinnovamento di schemi e leadership. Perché sarebbe «la conferma che possono venire risposte molto forti e convincenti dal centrodestra a problemi comuni a molti Paesi europei. E perché dimostrerebbe una volta di più che alcuni temi, centrali nella politica di Sarkozy, sono ineludibili: l'identità, la sicurezza, la giustizia sociale». Gli stessi temi che da tempo, ormai, sono parole d'ordine per Fini.
Presidente, la sua prima impressione sul voto francese?
«Sarkozy ha ottenuto un grande risultato, anche alla luce dell'altissima affluenza, e dunque dell'aumento del numero dei votanti. È stata una campagna elettorale che ha interessato e appassionato i francesi, come dimostra anche l'alto consenso ottenuto dalla Royal. Ed è stata una vittoria anche del bipolarismo, infatti assistiamo al confronto tradizionale tra il rassemblement gollista e il partito socialista».
Con un risultato buono anche del centrista Bayrou, però, che potrebbe essere decisivo per la vittoria finale .
«Bayrou è un candidato in realtà più vicino al centrodestra che al "centro" come lo intendiamo in Italia, gli elettori dell'Udf si riconoscono più in quei valori che in quelli della sinistra e i loro parlamentari sono stati eletti grazie ad alleanze con i gollisti contro i candidati socialisti. Per questo sono abbastanza convinto che la maggior parte di loro sceglieranno Sarkozy al secondo turno. Tra l'altro, penso che gli gioverà anche il tipo di messaggio di demonizzazione dell'avversario che stanno mandando i candidati della sinistra estrema che appoggeranno al secondo turno la Royal. Invece credo che una parte dell'elettorato di Le Pen, quello più antisistema, potrebbe non votare».
Le Pen, appunto. Come spiega il suo crollo?
«Bisogna verificare i numeri reali: può darsi che in termini assoluti non abbia perduto molto, l'aumento dei votanti potrebbe averlo penalizzato. In ogni caso non è cresciuto: un po' perché non è più vissuto come una novità per il voto di protesta, molto perché su temi a lui cari come identità nazionale, sicurezza, merito, lotta alla criminalità Sarkozy ha costretto gli altri a inseguirlo ed è stato comunque molto più incisivo di lui, acquisendo il merito di riportare ai valori repubblicani molti dei francesi che avevano votato Le Pen».
Sarkozy si impone anche perché "moderno"?
«Certamente sì, e il suo slogan "Insieme tutto è possibile" è un messaggio di cambiamento, non di paura. Ma Sarkozy è innovatore anche rispetto a Chirac, che parlava alle gerarchie, alla nomenklatura, che aveva il mito della Francia dell'Ena. Sarkozy è diretto e popolare, ha carisma personale, è uno che è andato nelle banlieus accanto ai poliziotti, è stato un ottimo ministro delle Finanze. Poco fa, per ringraziare i suoi elettori, ha detto "nessuno rimarrà al bordo della strada", significa che sa parlare un linguaggio che arriva alla gente, sa rivolgersi anche agli operai, agli artigiani, è attento al sociale: tutte ragioni che ci hanno fatto in questi anni sentire vicini».
Centrale nella sua campagna elettorale è stato il tema dell'immigrazione: tenendo conto delle evidenti differenze tra i due Paesi, dalla sua impostazione la destra italiana ha qualche lezione da trarre?
«Sarkozy parla di un'immigrazione di qualità, che sia una risorsa, non dice come Le Pen "La Francia ai francesi" ma "La Francia a chi la ama", e dunque chiede integrazione, che significa parlare la lingua, rispettare le leggi del Paese in cui si vive. Tutte cose che io dico da anni».
Presidente, se i temi forti di Sarkozy sono anche i suoi, se l'approccio ai problemi del candidato francese è simile al suo, se come gli osservatori spiegano lui è candidato di un rassemblement di centrodestra ma è sostanzialmente un uomo di destra, cosa manca alla destra italiana, a lei, per fare un percorso come quello del suo collega francese?
«Non è un problema di qualità di persone o di programmi, ma di sistema politico. Con l'elezione diretta come in Francia, tutto diventa possibile. In piccolo, quanti sono i sindaci eletti direttamente dal popolo che hanno in tasca la tessera di An?».
Ma i sistemi politici si cambiano: la legge elettorale a doppio turno che voi del centrodestra non volete non sarebbe utile a mettere in luce i candidati con maggior carisma che possono richiamarsi direttamente agli elettori?
«Non è il doppio turno che crea i Sarkozy e le Royal, è il semi-presidenzialismo che richiede e impone personaggi di spessore. E vuole sapere quanti anni fa io ho presentato un proposta di legge per l'elezione diretta del capo dello Stato? Venti anni fa. Figuriamoci se non sarei felice di ottenerla!».
Dunque la sola legge elettorale non è decisiva per far compiere l'ultimo passo alla destra in Italia, quello di esprimere il candidato premier?
«Lo è in un senso: deve essere un sistema tale da preservare e favorire il bipolarismo. Poi si sa che in Italia a competere sono le coalizioni, che però anche da noi esprimono un leader che si scontra con il leader dello schieramento opposto».
Per finire con le suggestioni che il voto francese suscita in casa nostra: la sinistra che esprime Ségolène Royal, dopo la nascita del Partito democratico, le sembra in qualche modo più «vecchia» della nostra?
«Capisco il giochino dei rimandi che potrebbe essere divertente, ma non posso aiutarla. Come si fa a paragonare la situazione francese con quella italiana dove, nel Partito democratico, Rutelli tifava Bayrou e Fassino la Royal? Bisognerebbe chiederlo domani, a Rutelli, a questo punto da che parte sta...».
Paola Di Caro
23 aprile 2007